L’attività di ricerca ha preso le mosse da un sondaggio di opinione condotto a livello locale, costruito con l’obiettivo di analizzare gli atteggiamenti della popolazione residente nella provincia di Treviso nei confronti di alcuni temi legati alla condizione del malato ed al rapporto medico-paziente, con particolare riferimento al testamento biologico. In particolare, la ricerca ha inteso:
- valutare la percezione di conoscenza degli intervistati rispetto alle principali questioni etiche legate ai temi di fine vita ed alla legge sul testamento biologico;
- verificare il grado di conoscenza effettiva rispetto alle questioni in oggetto;
- sondare le opinioni delle persone coinvolte nei confronti di suicidio assistito ed eutanasia.
E’ stato predisposto dagli studenti un questionario composto da ventiquattro domande relative alle questioni oggetto di studio, completate da alcuni dati personali dell’intervistato (sesso, età, titolo di studio, condizione lavorativa e credo religioso).
Nel mese di febbraio 2018 il questionario è stato somministrato in forma cartacea ad un campione di 200 persone residenti nella provincia di Treviso.
Al termine, all’intervistato è stato consegnato un glossario contenente i termini più significativi riferibili alle questioni in oggetto, con scopo di fornire un contributo informativo alle persone coinvolte nello studio.
I dati raccolti sono stati riportati dagli studenti in forma digitale attraverso la piattaforma Google Forms ed elaborati con i programmi Excel 2016, Google Sheets.
INTRODUZIONE
Con l’evoluzione della medicina e delle tecnologie sanitarie la morte, tradizionalmente considerata un fatto naturale e inevitabile, è diventata sempre più oggetto di decisioni mediche. Lo sviluppo di questi scenari ha reso progressivamente più rilevante la necessità di individuare adeguati canali attraverso i quali i pazienti possano esprimere il proprio punto di vista sugli interventi diagnostico-terapeutici che li riguardano e che ciò abbia un peso determinante nelle scelte relative alla fine della propria vita. Non si può infatti pensare di poter mettere in atto interventi medici in situazioni così drammatiche e delicate senza condividere le decisioni con chi ne è direttamente coinvolto.
In questi contesti, appare cruciale interrogarsi su una questione etica fondamentale: c’è differenza tra lasciar morire e uccidere? Un medico che rinunci ad intervenire in condizioni in cui nessuna terapia può ragionevolmente portare benefici al paziente e, soprattutto, quando il paziente gli chiede di desistere, commette un omicidio?
Tale questione ha acceso un ampio dibattito attorno alla possibilità di riconoscere al paziente il diritto di interrompere le cure, definito anche come diritto di morire, innescando una serie di quesiti etici connessi: quale significato e valore etico va attribuito a questo diritto? È giusto o meno distinguere la rinuncia alle cure dall’eutanasia?
È ormai largamente condivisa la conclusione che il medico che riconosca a una persona malata il diritto di morire non mette in atto misure eutanasiche, e non è pertanto da ritenersi responsabile della morte del paziente. Decidendo autonomamente della propria morte, il paziente si assume cioè la responsabilità della propria vita: questa capacità di dirigere il timone della propria esistenza si pone dunque come fattore determinante della dignità umana.